Marco

Una nuova vita, eterna

Mi  chiamo Marco e sono nato a Parma trentatre anni fa.
Naqui con una grave malformazione cardiaca, tanto che in quegli anni, in Italia, questo tipo di cardiopatia era totalmente sconosciuta: ero affetto da atresia della tricuspide. In questa malformazione cardiaca non c’è connessione tra l’atrio destro e il ventricolo destro e di conseguenza il sangue venoso non può arrivare all’arteria polmonare per poi essere ossigenato dai polmoni.
Essendo il mio caso così grave e sconosciuto, in Italia i medici non avevano la minima idea di dove mettere le mani. Grazie a Dio mia madre in quel periodo lavorava come infermiera nel reparto di pediatria dell’ospedale di Parma e conosceva un giovane cardiologo che all’epoca stava prendendo la specializzazione negli Stati Uniti. Dopo un breve consulto con l’ospedale americano, i miei genitori decisero di provare l’unica carta a loro disposizione: partire per gli Stati Uniti per sottopormi ad un intervento al cuore e lì scoprirono che io ero il quinto caso riconosciuto con questo problema.
Dopo la prima operazione nel 1970, subii altri due interventi, sempre negli Stati Uniti: nel gennaio del 1976 e nel novembre dello stesso anno fui rioperato d’urgenza, a causa di una complicazione. La situazione prima di questa operazione era davvero grave, tanto che anche i medici non avevano molte speranze, ma il cardiochirurgo che mi operò disse ai miei: “Confido nel Signore!”
Nonostante, dal punto di vista umano non ci fossero possibilità, il Signore ha provveduto in modo magnifico ed è grazie a Lui che ora posso raccontare la mia testimonianza.
In quegli anni i miei genitori diedero la loro vita a Gesù e così cominciarono a farmi frequentare la chiesa con loro.
Dopo questi tre interventi, la mia vita iniziò a stabilizzarsi e con il passare degli anni le mie condizioni di salute miglioravano sempre di più. Se fisicamente cominciavo a sentirmi meglio, però, psicologicamente stavo sempre peggio. All’età di 13 anni iniziai a sentirmi inferiore agli altri miei coetanei: non potevo fare sport, attività fisica ed il senso d’inferiorità cresceva di giorno in giorno. Mi sentivo solo e non accettato, mi sentivo escluso, proprio nell’età in cui i ragazzi hanno più bisogno di compagnia e di un gruppo. Le ferite morali erano molto più dolorose di quelle fisiche e fu proprio in quegli anni che decisi di non andare più in chiesa e di seguire la mia strada.
Dopo circa tre anni di solitudine, all’età di 16 anni, trovai un gruppo di amici che avevano tutt’altro tipo di interessi. Non erano sportivi, erano simpatici e mi accettavano per quello che ero; forse perché con loro non avevo mai mostrato il mio vero io. E fu con questo gruppo di amici che iniziai a bere alcoolici, fumare, stare fuori la notte e cercare ogni tipo di soddisfazione possibile. Ovviamente il fumo, l’alcool e la droga, anche se droga leggera, erano distruttivi per la mia salute fisica, ma all’epoca facevano molto bene alla mia salute emotiva. Con quegli amici non avevo bisogno di mostrare certificati medici, non avevo bisogno di rivelare i miei limiti, tutti eravamo uguali, ed a volte io mi sentivo anche meglio degli altri. In tutti questi anni avevo messo il Signore in un cassetto, avevo deciso deliberatamente di proseguire per la mia strada, ero soddisfatto e non ero disposto a tornare indietro e perdere tutto quello che avevo.
Dopo le droghe leggere è naturale arrivare a quelle pesanti, e così iniziai a sniffare eroina, e qualche volta anche della cocaina, e a prendere anfetamine. Passavo le notti fuori a divertirmi, lasciai la scuola superiore e devo ammettere che per un po’ di tempo ero veramente soddisfatto di me stesso e della mia vita. Dentro di me, però, qualcosa non andava. Sapevo che stavo buttando nella spazzatura la vita che il Signore mi aveva donato. Il 1989 ed il 1990 furono gli anni peggiori della mia vita. Non avevo un lavoro fisso e passavo tutta, e tutte le giornate, fumando ashis e marijuana. A quel punto mi resi conto che la mia vita non poteva continuare in quel modo, avevo ancora paura di perdere i miei amici, ma sapevo che qualcosa doveva cambiare.
Un pomeriggio uguale agli altri, uscendo dal bar dove eravamo soliti incontrarci, incontrai un ragazzo che mi diede un volantino, non mi disse niente ed io non dissi niente a lui. Mi ricordo solo che gli diedi una piccola somma di denaro, non so neanche il perché. Comunque accettai quel volantino e lo lessi molto attentamente, una frase mi colpì in modo particolare: Dio ti ama e ti amiamo anche noi! Ecco quello di cui avevo bisogno, sentirmi amato ed accettato per quello che ero. Penso che il Signore abbia iniziato un opera in quel giorno attraverso quel giovane ragazzo ed attraverso una frase di un volantino. Nonostante quel volantino io, però, proseguii per la mia strada, mi rendevo sempre più conto di essere arrivato al capolinea, ma non riuscivo a prendere l’unica decisione che dovevo prendere: lasciare tutto e correre nelle braccia aperte di Dio.
Qualcosa successe: qualcosa che non era certamente nella mia volontà. Una mattina, tornando a casa trovai un foglio di comparizione in tribunale. Un mio “amico” aveva fatto il mio nome per complicità in spaccio di stupefacenti. Avevo fatto tante cose brutte nella mia vita, ma non avevo mai spacciato nulla. Nonostante questo fui costretto a presentarmi in tribunale per un interrogatorio. Ne uscii pulito, e grazie a questo fatto, trovai il coraggio di dire basta e di allontanarmi dalla droga e da tutto quello che stavo facendo. A quel punto anche i miei amici iniziarono ad allontanarsi da me e così mi ritrovai proprio nella condizione che avevo sempre cercato di evitare con tutte le mie forze: essere solo.
È proprio vero che l’uomo si avvicina al Signore quando perde tutte le possibilità, e così nella mia solitudine incominciai a leggere la Bibbia. Incominciai a leggere la Parola di Dio dal libro dell’Ecclesiaste senza sapere perchè, ma attraverso quel libro, il Signore mi parlò ed iniziò a mettere in me il desiderio di incontrarlo. E proprio nell’estate  dei miei ventidue anni, un fratello mi invitò ad un campo per giovani. Dio mi parlò profondamente durante quella settimana e proprio all’ultima sera, decisi di arrendermi e di seguire Gesù.
Sarei un ipocrita se dicessi che da quel momento tutto è andato sempre per il verso giusto. Ho attraversato tanti momenti difficili e tante tentazioni, sono caduto molte volte, ma posso testimoniare che il Signore è sempre stato fedele.
Quello di cui avevo tanta paura, alla fine successe; persi tutti i miei amici, passai molti momenti di solitudine e di dubbi, ma il Signore mi ha dato infinitamente di più di quello che io osassi sperare.
Nonostante il radicale cambiamento nella mia vita le mie condizioni fisiche non erano cambiate: non potevo e non posso fare tutto quello che fanno gli altri a causa delle miei limiti fisici.
Nel ’95 mi sposai e con mia moglie stavamo considerando di servire il Signore a tempo pieno. Durante una campagna evangelistica nel ’96 ebbi un episodio di tachicardia molto forte (fui ricoverato per degli accertamenti e fui sottoposto ad una nuova terapia medicinale). Questo episodio mi scoraggiò molto, tanto da farmi pensare di non essere in grado di servire il Signore a tempo pieno nell’evangelizzazione. Un versetto, però, cambiò questo pensiero e mi incoraggiò a proseguire: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza” 2 Corinzi 12:9.
Non solo Dio mi ha dato una vita che, anche se con molte limitazioni, vale la pena essere vissuta, mi ha donato una splendida moglie ed una bellissima figlia, ma più di tutto mi ha dato la gioia di poterlo servire a tempo pieno come evangelista per poter dire a tutti gli uomini, che Gesù li ama e li sta aspettando.

Marco se ne è andato col Signore alcuni anni fa, ma abbiamo voluto mettere anche la sua testimonianza perchè questo è quello che avrebbe voluto.  Noi che lo conoscevamo abbiamo la gioia di sapere che lo rivedremo un giorno in cielo, quelli che non lo conoscevano possono riflettere su dove andranno loro e i loro cari una volta lasciata questa terra…